BRIANZA E LA SUA STORIA:
Il documento più antico in cui si accenna al nome Brianza è del 1097, e denominava una zona relativa al Monte di Brianza, ovvero alle attuali colline intorno al S. Genesio. Col passare degli anni, il termine Brianza ampliò la sua portata sino a comprendere tutta regione attuale. I confini della Brianza comprendono un territorio che possiede tre città rilevanti in Lombardia: Como, Lecco, Monza. E' un triangolo ideale che unisce queste città con propaggini a Nord nella Valassina . La Brianza è quindi la regione a nord di Milano, che si estende tra il corso dell'Adda a est, e quello del Seveso ad ovest. E' limitata a settentrione dalla linea pedemontana che unisce Como con Lecco e a sud arriva a comprendere la città di Monza. I due grandi fiumi che delimitano la Brianza sono il Lambro e l'Adda e al centro scorre anche il Seveso che sembrerebbe il meno importante, ma, in realtà, è la componente che ha giocato un ruolo rilevante nella storia della parte bassa della nostra pianura, non solo briantea, ma della Provincia di Milano. Il Seveso diviso in due parti, Seveso grande e Seveso piccolo, circondava la città di Milano che quindi aveva come difesa naturale d'acqua un fiume proveniente dalla zona brianzola o meglio dal territorio di Erba. Attorno al 1450, fu istituito il Vicariato del Monte di Brianza: per mezzo di tale istituzione, il Podestà locale poteva amministrare la giustizia minore. Questo vicariato era formato dalle pievi di Garlate, Brivio, Oggiono, Agliate, Missaglia, con sedi successive a Barzanò e a Mariano. Se dovessimo disegnare una Brianza "storica" limitandoci a questa definizione, troveremmo i seguenti confini geografici: i fiumi Adda e Lambro - con leggero sconfinamento, a Occidente, di una parte della pieve di Agliate -, per quanto riguarda l'asse Est-Ovest; le colline che collegano Monticello, Missaglia, Montevecchia e Merate segnerebbero il confine Sud, mentre i laghi di Garlate, Annone e Pusiano fungerebbero da confine Nord; un territorio decisamente limitato e ristretto: a cosa dobbiamo, allora, le smisurate dimensioni che sembra aver assunto, anche sui libri specifici e nel linguaggio moderno, la Brianza attuale? A partire dal '700 e fino a tutto il '900, le famiglie del patriziato milanese trascorrevano le vacanze estive fuori città e una delle mete preferite furono proprio le prime colline del Nord-Est milanese: facili da raggiungere, perché erano quelle più vicine, diventarono ben presto sinonimo di località di villeggiatura e delizia. Avere una villa in Brianza, quindi, era alla moda o - meglio ancora - era uno status symbol e fu così che, per dirla con le parole di Carlo Emilio Gadda: "Se i Milanesi non riuscivano a portare la loro villa in Brianza, portavano la Brianza fino a dove avevano la villa..."
Sembra quindi incredibile, eppure, al giorno d'oggi, il nome di Brianza viene abusato, per indicare, addirittura, tutta la zona in piano situata appena sopra Milano, nonché il Canturino, il Comasco e, su su, fino alla valle Assina
Carlo Cattaneo, storico e uomo politico lombardo fra i più importanti dell’800, nel 1836 descriveva la Brianza come un piccolo eden "sparso di colline e laghetti" paragonabile per la sua bellezza ai colli di "Fiesole o Sorrentini" ovvero i luoghi più celebri e celebrati del tempo, meta irrinunciabile del colto turismo straniero.
Sono passati circa 170 anni da allora, e il visitatore contemporaneo che oggi percorre questa terra ammira un paesaggio diverso, frutto dell’instancabile operosità umana: una fitta rete di strade accoglie il turista che si trova a osservare una moltitudine di ville e villette inframmezzate da numerose industrie e aziende.
Alla metà dell’ottocento l’illustre brianzolo Cesare Cantù in molti scritti delimitava il territorio della Brianza "fra il Lambro e l’Adda, i monti della Valsassina e le ultime ondulazioni delle Prealpi che muoiono a Usmate….", Non dimenticando poi di descrivere le ricchezze agricole, dove abbondano "vino, bozzoli, legumi e frutta" i cui abitanti si danno all’agricoltura, o lavorano sui telai o nelle grandi manifatture sparse un po’ d’ovunque.
Ma anche in Brianza non sono mancati momenti di povertà, tensioni sociali, agitazioni contadine e operaie. Tutto il patrimonio dolente ed esaltante della modernità passò anche di qui, e produsse le sue conseguenze
Ma non ci fu emigrazione di massa come nel mezzogiorno, né banditismo, ne proletariato miserabile. Contadini, Operai, Artigiani, Imprenditori, seppero darsi un’organizzazione, un ordine e una coesione solidale, fin dalla seconda metà dell’ottocento. Partiti e Sindacati trovarono terreno fertile ma non estremista, e tanto meno violento. Non a caso Monza e la Brianza dissero no al partito Nazionale Fascista alle elezioni del 1924; divenendo poi centri attivi della resistenza e in questo territorio che agì un eroe come Gianni Citterio, il "Clandestino Diomede". Il resto è storia di oggi con le sue luci e le sue ombre.
Bisogna vivere in Brianza, giorno dopo giorno, respirare a pieni polmoni la sua aria, la sua nebbia "scighera" e sentire il ritmo quotidiano della sua vita per capire ed amare questa terra, bisogna viverci per comprendere che pur essendo vicina ad una metropoli intasata di traffico, percorsa da gente frettolosa e preoccupata, costretta com’è dai limiti del "fare", dell’utile più che del bello, che i suoi abitanti non hanno ancora perso la gioia di vivere.
Bisogna viverci in questo "giardino di Lombardia" per accorgersi che esiste un modo diverso di affrontare la vita, fatta, si, di cose concrete, di attività da portare avanti e di benessere da raggiungere, ma aperta anche al gusto di ciò che va al di là dell’immediato, e sa dare all’anima un lungo e aperto respiro, frutto di gioia e di soddisfazione profonda.
Bisogna viverci in Brianza per comprendere un fenomeno il "pendolarismo" iniziato in sordina e cresciuto in pochi anni a dismisura. I pendolari ogni mattina sbarcano a Milano come un "esercito" che va all’attacco della città, sono individui di ogni età, cultura, estrazione sociale, sciamano dalle stazioni Centrale, Lambrate, Nord, Sesto San Giovanni e dalle corriere. Si affrettano ad assalire i mezzi cittadini, trascorrendo in viaggio giorni, mesi, anni di vita. Come un sasso gettato nello stagno irradia i suoi cerchi, così, l’esercito dei pendolari ogni giorno invade il tessuto urbano da una periferia all’altra, sopraggiunge all’alba e si ritira a sera.
Bisogna vivere in Brianza dove si traffica e si corre, come la vita moderna esige e comanda, per comprendere che è sufficiente spalancare una finestra o fare qualche passo fuori dall’abitato, verso i campi, verso le colline, verso un corso d’acqua che scorre poco lontano, magari approfittando di una pausa di lavoro, per non sentirsi più un automa, per capire che la vita di un uomo non può essere vissuta degnamente senza una dimensione anche contemplativa. E proprio questo, con la sua bellezza la Brianza suggerisce e ricorda ogni giorno.
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Il documento più antico in cui si accenna al nome Brianza è del 1097, e denominava una zona relativa al Monte di Brianza, ovvero alle attuali colline intorno al S. Genesio. Col passare degli anni, il termine Brianza ampliò la sua portata sino a comprendere tutta regione attuale. I confini della Brianza comprendono un territorio che possiede tre città rilevanti in Lombardia: Como, Lecco, Monza. E' un triangolo ideale che unisce queste città con propaggini a Nord nella Valassina . La Brianza è quindi la regione a nord di Milano, che si estende tra il corso dell'Adda a est, e quello del Seveso ad ovest. E' limitata a settentrione dalla linea pedemontana che unisce Como con Lecco e a sud arriva a comprendere la città di Monza. I due grandi fiumi che delimitano la Brianza sono il Lambro e l'Adda e al centro scorre anche il Seveso che sembrerebbe il meno importante, ma, in realtà, è la componente che ha giocato un ruolo rilevante nella storia della parte bassa della nostra pianura, non solo briantea, ma della Provincia di Milano. Il Seveso diviso in due parti, Seveso grande e Seveso piccolo, circondava la città di Milano che quindi aveva come difesa naturale d'acqua un fiume proveniente dalla zona brianzola o meglio dal territorio di Erba. Attorno al 1450, fu istituito il Vicariato del Monte di Brianza: per mezzo di tale istituzione, il Podestà locale poteva amministrare la giustizia minore. Questo vicariato era formato dalle pievi di Garlate, Brivio, Oggiono, Agliate, Missaglia, con sedi successive a Barzanò e a Mariano. Se dovessimo disegnare una Brianza "storica" limitandoci a questa definizione, troveremmo i seguenti confini geografici: i fiumi Adda e Lambro - con leggero sconfinamento, a Occidente, di una parte della pieve di Agliate -, per quanto riguarda l'asse Est-Ovest; le colline che collegano Monticello, Missaglia, Montevecchia e Merate segnerebbero il confine Sud, mentre i laghi di Garlate, Annone e Pusiano fungerebbero da confine Nord; un territorio decisamente limitato e ristretto: a cosa dobbiamo, allora, le smisurate dimensioni che sembra aver assunto, anche sui libri specifici e nel linguaggio moderno, la Brianza attuale? A partire dal '700 e fino a tutto il '900, le famiglie del patriziato milanese trascorrevano le vacanze estive fuori città e una delle mete preferite furono proprio le prime colline del Nord-Est milanese: facili da raggiungere, perché erano quelle più vicine, diventarono ben presto sinonimo di località di villeggiatura e delizia. Avere una villa in Brianza, quindi, era alla moda o - meglio ancora - era uno status symbol e fu così che, per dirla con le parole di Carlo Emilio Gadda: "Se i Milanesi non riuscivano a portare la loro villa in Brianza, portavano la Brianza fino a dove avevano la villa..."
Sembra quindi incredibile, eppure, al giorno d'oggi, il nome di Brianza viene abusato, per indicare, addirittura, tutta la zona in piano situata appena sopra Milano, nonché il Canturino, il Comasco e, su su, fino alla valle Assina
Carlo Cattaneo, storico e uomo politico lombardo fra i più importanti dell’800, nel 1836 descriveva la Brianza come un piccolo eden "sparso di colline e laghetti" paragonabile per la sua bellezza ai colli di "Fiesole o Sorrentini" ovvero i luoghi più celebri e celebrati del tempo, meta irrinunciabile del colto turismo straniero.
Sono passati circa 170 anni da allora, e il visitatore contemporaneo che oggi percorre questa terra ammira un paesaggio diverso, frutto dell’instancabile operosità umana: una fitta rete di strade accoglie il turista che si trova a osservare una moltitudine di ville e villette inframmezzate da numerose industrie e aziende.
Alla metà dell’ottocento l’illustre brianzolo Cesare Cantù in molti scritti delimitava il territorio della Brianza "fra il Lambro e l’Adda, i monti della Valsassina e le ultime ondulazioni delle Prealpi che muoiono a Usmate….", Non dimenticando poi di descrivere le ricchezze agricole, dove abbondano "vino, bozzoli, legumi e frutta" i cui abitanti si danno all’agricoltura, o lavorano sui telai o nelle grandi manifatture sparse un po’ d’ovunque.
Ma anche in Brianza non sono mancati momenti di povertà, tensioni sociali, agitazioni contadine e operaie. Tutto il patrimonio dolente ed esaltante della modernità passò anche di qui, e produsse le sue conseguenze
Ma non ci fu emigrazione di massa come nel mezzogiorno, né banditismo, ne proletariato miserabile. Contadini, Operai, Artigiani, Imprenditori, seppero darsi un’organizzazione, un ordine e una coesione solidale, fin dalla seconda metà dell’ottocento. Partiti e Sindacati trovarono terreno fertile ma non estremista, e tanto meno violento. Non a caso Monza e la Brianza dissero no al partito Nazionale Fascista alle elezioni del 1924; divenendo poi centri attivi della resistenza e in questo territorio che agì un eroe come Gianni Citterio, il "Clandestino Diomede". Il resto è storia di oggi con le sue luci e le sue ombre.
Bisogna vivere in Brianza, giorno dopo giorno, respirare a pieni polmoni la sua aria, la sua nebbia "scighera" e sentire il ritmo quotidiano della sua vita per capire ed amare questa terra, bisogna viverci per comprendere che pur essendo vicina ad una metropoli intasata di traffico, percorsa da gente frettolosa e preoccupata, costretta com’è dai limiti del "fare", dell’utile più che del bello, che i suoi abitanti non hanno ancora perso la gioia di vivere.
Bisogna viverci in questo "giardino di Lombardia" per accorgersi che esiste un modo diverso di affrontare la vita, fatta, si, di cose concrete, di attività da portare avanti e di benessere da raggiungere, ma aperta anche al gusto di ciò che va al di là dell’immediato, e sa dare all’anima un lungo e aperto respiro, frutto di gioia e di soddisfazione profonda.
Bisogna viverci in Brianza per comprendere un fenomeno il "pendolarismo" iniziato in sordina e cresciuto in pochi anni a dismisura. I pendolari ogni mattina sbarcano a Milano come un "esercito" che va all’attacco della città, sono individui di ogni età, cultura, estrazione sociale, sciamano dalle stazioni Centrale, Lambrate, Nord, Sesto San Giovanni e dalle corriere. Si affrettano ad assalire i mezzi cittadini, trascorrendo in viaggio giorni, mesi, anni di vita. Come un sasso gettato nello stagno irradia i suoi cerchi, così, l’esercito dei pendolari ogni giorno invade il tessuto urbano da una periferia all’altra, sopraggiunge all’alba e si ritira a sera.
Bisogna vivere in Brianza dove si traffica e si corre, come la vita moderna esige e comanda, per comprendere che è sufficiente spalancare una finestra o fare qualche passo fuori dall’abitato, verso i campi, verso le colline, verso un corso d’acqua che scorre poco lontano, magari approfittando di una pausa di lavoro, per non sentirsi più un automa, per capire che la vita di un uomo non può essere vissuta degnamente senza una dimensione anche contemplativa. E proprio questo, con la sua bellezza la Brianza suggerisce e ricorda ogni giorno.
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